Ammetto di aver adocchiato e acquistato l’edizione tascabile di Una barca nel bosco di Paola Mastrocola, edizioni Guada, perché ispirato dall’originale rilegatura, piccola (15cm x 9cm) e simile ad un breviario.
Questo formato mi ha ricordato un i romanzetti rilegati come libri di preghiere che le dame del settecento acquistavano per poter leggere segretamente in chiesa durante le lunghissime e noiose funzioni religiose.
Il mio intuito non mi ha deluso, infatti il libro è scritto piuttosto bene, e riesce a tener sempre vivo l’interesse del lettore. Anche quando la narrazione si avventura nell’inverosimile, Paola Mastrocola conduce e intrattiene i lettori con grazia e abilità.
L’inizio del romanzo presenta uno scenario apparentemente stereotipato: uno studente geniale e incompreso, proveniente da un’isoletta del meridione italiano, approda in una scuola torinese. Il ragazzo si ritrova in un liceo incapace di riconoscerne il valore e di offrire un qualsiasi sbocco alla sete di conoscenza e ai desideri di approfondimento. Una situazione in cui molti riconosceranno le proprie esperienze scolastiche di quando erano dei teenager. Anche io mi sono riconosciuto un poco, e mi sono rammentato di quanto la mia domanda di sapere e l’offerta di sapere della scuola fossero scombinate, quasi inconciliabili. Nonostante alcune situazioni descritte nel volume non siano del tutto originali, non si ha mai la sensazione di trovarsi davanti a pagine ovvie o prevedibili, e anche gli scenari che ci lasciano meno sorpresi sono sempre ben inseriti nella struttura narrativa contribuendo al piacere della lettura.
Anche quando la narrazione si avventura nell’inverosimile, Paola Mastrocola conduce e intrattiene i lettori con grazia e abilità.
Nella prima parte del volume, dedicata ai cinque anni di liceo del protagonista, mi sembra di cogliere nell’autrice un tono sarcastico di denuncia del sistema educativo della scuola italiana. Ma per quanto paradossali, queste parti o situazioni sono sempre ben dosate e sapientemente collocate nelle vicende narrate.
Una seconda parte, più breve, descrive il percorso universitario del protagonista fino al periodo successivo alla laurea. Ammetto di aver riconosciuto anche qui alcune situazioni della mia esperienza scolastica e universitaria. In particolare vi ho riconosciuto le attività di scrittura del mio primo articolo scientifico e come ricevetti gli stessi commenti demotivanti che il protagonista del romanzo riceve del suo relatore.
Infine, c’è poi l’ultima parte del romanzo che sembra distaccarsi in modo definitivo dalla realtà. Anche in questo caso l’abbandono dello verosimiglianza non è fine a se stesso ma assolve perfettamente alle finalità narrative.
Il volume può essere letto a vari livelli:
- Un’interessante vicenda umana che si sviluppa tra nord e sud, mettendo a nudo differenze culturali e la resilienza di alcuni personaggi.
- Una denuncia di un sistema educativo che dal liceo all’università non riesce ad assolvere alla propria funzione confondendo continuamente il supporto degli studenti con l’abbassamento generalizzato del livello di insegnamento.
- Una metafora della vita, del misterioso equilibrio tra le nostre scelte e ciò che il protagonista chiama fato.
In conclusione un libro molto interessante che si legge d’un fiato e che raccomando volentieri.